Eppure
la mia generazione derideva Dio, famiglia, patria. Nata dopo il
ragazzi “On the Road” (Sulla strada”, romanzo Jack Kerouac,
manifesto sessantottino), aveva assorbito in sé i valori della
modernità, teorizzati dagli intellettuali almeno un paio di secoli
prima, ma senza esserne consapevole. Semplicemente, era ovvio, il
nuovo dettava: “Religione, oppio dei popoli. Famiglia, strumenti di
controllo e prigione affettiva. Patria, una convenzione per
arricchire i mercanti d'armi”. Tutto il resto era dubbio ed il
dubbio era l'unica verità, l'unico valore. Fu l'epoca del
relativismo, che noi accettammo con la stessa acriticità con cui i
nostri padri avevano creduto nei tre punti cardine della loro
società.
Il
tempo è passato, il mondo è cambiato. Oggi parlare di religione,
famiglia, patria è un po' ingenuo, è proprio d'un idealismo da
martire per la causa, qualunque essa sia.
Nei
salotti radical chic, virtuali o televisivi, per essere credibile
devi esprimerti in termini di signoraggio, potenza delle banche,
governo massonico del mondo, lobby, ecc....Usando codici di un
vecchio linguaggio la parola d'ordine non è tanto denaro, ma POTERE.
La
mia generazione ed io, in fondo, continuiamo ad assistere da
spettatori ad una rappresentazione poco comprensibile: troppi
cambiamenti per poter credere in qualcosa.
Così
assisto allo scorrere, a singhiozzo, delle notizie sulla mia Home
page di facebook: ognuno offre al mondo una piccola parte di sé,
anche nella falsità di una maschera; ognuno vorrebbe attenzione,
senza pensare che ciò che si svende perde la sua preziosità.
M'impongo,
almeno per dieci minuti, di leggere tutto ciò che passa davanti al
mio sonno e vedo te: un omino senza età, leggermente genuflesso in
una preghiera, con una bandiera sulle spalle, di fronte all'orrore.
Non
so perché ma d'improvviso tutti i miei valori sono lì con te e
capisco che religione, famiglia, patria sono radici, origine,
identità; sono io stessa.
Così
in uno Stato di morti, la mia Patria è viva!
Napoli
17 aprile 2016
Lucia
Di Mauro
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