Blog di Lucia Di Mauro

domenica 29 novembre 2015

Quale ruolo internazionale per le due Sicilie?




La situazione internazionale è sempre stata decisiva nella sorte di singoli Stati e, come sappiamo, è stata la causa principe nella caduta del Regno delle due Sicilie. L'autodeterminazione dei popoli è una chimera ad uso e consumo delle grandi potenze coloniali che hanno succhiato il sangue a tre quarti del globo terrestre. Nell'attuale frangente internazionale, noi potremmo rappresentare l'ago della bilancia , la pedina decisiva da muovere, se è vero, com'è vero che Lampedusa è l'ingresso in Europa degli extracomunitari, potremmo noi dettare leggi al mondo occidentale, mediando tra il mondo arabo e le grandi potenze nord europee. A questo proposito è recente la notizia di una Francia che colpevolizza l'Italia per aver fatto entrare i terroristi responsabili degli attentati di Parigi in Europa. Scrivendo noi, però, intendo soprattutto dire noi duosiciliani più che italiani, perché i veri favoriti nella sorte di una situazione geografica favorevole che ci permetterebbe di essere il ponte di collegamento tra Europa e mondo mediterraneo, siamo noi meridionali d'Italia. Tuttavia il mondo meridionalista è incapace persino di riuscire a chiedere un referendum come quello voluto dai catalani, figuriamoci come potrebbe dettare legge a livello internazionale sfruttando le sue, pur favorevoli, condizioni attuali.

venerdì 16 ottobre 2015

Non sono solo canzonette.

Napoli 15 ottobre 2015
“Io che sò l’ultimo emigrante….”, cantava Mario Merola, profetizzando ciò che sarebbe avvenuto. Infatti l’opera di questo grande artista  e tutto l’archivio storico della canzone napoletana vanno via, partono, migrano all’ombra del Dom de Milan.
Come al solito i lamentosi napoletani si sono permessi di porre obiezione al trasferimento, affermando che non si comprende come Milano possa essere considerata  la sede più opportuna per  l’archivio della canzone storica napoletana, espressione dell’identità culturale partenopea (duosiciliana)  e non meneghina.
Qualcun altro degli appartenenti alla genia terronica, inoltre, asserisce e divulga l’idea che sia in atto un fare colonialista del nord verso il sud: “Il meridione – dicono – ha subito un’invasione da parte dello stato savoiardo ed oggi ne subisce le conseguenze. Come tutti gli stati colonia, anche il sud Itaglia, è progressivamente sfruttato e spogliato da un altro stato invasore. Eravamo un paese florido, con poche tasse, con una ricchissima banca nazionale, all’avanguardia in tanti settori ed oggi siamo la pattumiera d’Italia. Ora ci hanno tolto ciò che nel mondo viene riconosciuto come la manifestazione più bella dell’arte napoletana. L’arte napoletana la si vuol far diventare arte italiana e la napoletanità colta deve essere cancellata”.
Per fortuna la ragione da opporre a tali insulse obiezioni è inoppugnabile: il trasferimento si è reso necessario in quanto l’archivio sarebbe progressivamente andato in degrado per un grave problema esistente a Napoli. Quale problema? L’umidità. Infatti Napoli è città di mare, dunque è umida per definizione. Si sa che tra i napoletani l’artrosi è diffusissima.
Certo è evidente che con tale ragionamento il leone di San Marco a Venezia, ad esempio, dovrebbe erodersi un po’ alla volta per l’umidità, perché la splendida città che lo ospita è città sul mare, più che di mare. Ma anche il castello sforzesco, a Milano, dovrebbe ammuffire per l’umidità della nebbia del territorio. Perché ciò non accade? Perché quelle sono nebbia ed umidità padane ed in quanto tali rispettose dell’ambiente e della cultura, mica come l’umidità camorristica napoletana.
Tuttavia, attraverso indagini effettuate da capacissimi giornalisti padani, è emerso che la richiesta di collocare una parte della storia di Napoli nel capoluogo lombardo, proviene da molto in alto Sembra, infatti, che la stessa Madunina de Milan abbia, più volte, richiesto d’ascoltare canzoni napoletane. S’era stufata della solita lagna: O mi bela Madunina che te brilli de luntan….”.
Facciamo sentire la nostra voce: firmate la petizione! Lucia Di Mauro
https://www.change.org/p/ministro-franceschini-presidente-rai-monica-maggioni-l-archivio-storico-della-canzone-napoletana-deve-restare-a-napoli?recruiter=402307600&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink


lunedì 14 settembre 2015

Il volto della città


Ho appena terminato la lettura del pregevole articolo del dott. Gigi Di Fiore dal titolo :”I 30 anni dall'omicidio di Giancarlo Siani nella Napoli delle due città”. La mia penna in cerca di maestri ne ammira sinceramente la fattura, ma, purtroppo, riguardo al contenuto, non mi sento in coscienza di sottoscriverlo.

Lo stereotipo che vuole Napoli una città anarchica, fino a delinquere, nella sua anima popolare e massonico-giacobina nei ceti borghesi o intellettuali, è frutto di quella visione della napoletanità figlia di pregiudizi risorgimentali, creati scientemente per affossare la fiorente economia duosiciliana, a vantaggio di quella delle zone più a nord del paese.

La divisione tra borghesia e plebe, made in Naples, è un falso. L'opposizione tra borghesia e plebe, con i loro quartieri rappresentativi, si può trovare ovunque, non solo nella città Partenopea. Ad esempio a Roma esistono i Parioli e la Garbatella, a Torino troviamo il quartiere Borgo Po e Barriera Milano, a Parigi incontriamo Villa Montmorency e Pigalle, ecc

Non mi si racconti, poi, che ci si spara solo a Napoli. Baby-gang ne esistono in tutte le periferie o zone difficili delle grandi metropoli. I nostri piccoli delinquenti in erba non sono diversi dai teppistelli delle altre città, l'unica differenza, forse, sta nella definizione: le nostre baby-band hanno una caratteristica in più, sono, ineluttabilmente,irreversibilmente, “ baby-band di camorra”. Purtroppo, non si riflette che la delinquenza camorrista è delinquenza del nascondimento e non dell'affermazione violenta, del consenso e non del dissenso popolare. Questa delinquenza tracotante, violenta, prepotente è tipica di adolescenti in cerca di affermazione nell'io personale e null'altro.

Sfortunatamente dobbiamo notare che lo stato italiano, come non ha saputo combattere la grande delinquenza organizzata, non riesce nemmeno a fermare quattro bulletti disadattati.

Per quanto riguarda quella parte d'umanità appartenente a quartieri meno poveri, ricordo che una certa parte della borghesia è stata coinvolta nella massoneria formandone l’ossatura, dovunque, e non solo oggi.

Napoli dai due volti? La città descritta nell'articolo, violenta, imprevedibile, divisa, cattiva, anarchica, abitata da un'umanità senz'anima, uno spettro del suo grande passato, è una città senza fattezze, senza volto..

Mi chiedo, perché attaccare in modo così costante e subdolo la più grande città del mezzogiorno? Perché non attaccare Torino, piuttosto che Firenze o Venezia? Cosa fa paura di Napoli, a chi e perché?!

giovedì 10 settembre 2015

Napoli : la Bagdad della camorra

Napoli come Bagdad. Baby gangster di camorra cerca di guadagnarsi il territorio col terrore. Così titolano i giornali di oggi La similitudine con altre intestazioni di giornali datati qualche tempo indietro, è palese. In quel caso, però, non si parlava di Napoli ma della capitale dell'expo, Milano: “In arresto 4 membri di baby-gang che terrorizzava Milano”. Qual'è la differenza? La solita, qui a Napoli non trattasi di semplice baby-gang, bensì di Baby gang di camorra. Definire una baby band come appartenente alla camorra, vuol dire considerare quei delinquenti come un espressione della città stessa che oltraggiano. Napoli, per certa stampa, è vittima ma, sopratutto, è carnefice di se stessa e “chi è causa del suo mal....” sia, giustamente, abbandonato a se stesso. Purtroppo spesso il sensazionalismo sacrifica la logica. Questi egregi esperti di penna (ma meno di capacità d'interpretazione delle notizie) non comprendono quello che fino ad oggi è stato il modus vivendi della camorra: fondare le sue radici sul consenso della gente e non sul terrore. La paura nel popolo sarebbe un nefasto autogol per la camorra, che di fatto perderebbe potere. Questa delinquenza violenta, adolescenziale, senza scopo è il frutto del disagio sociale di ragazzini lasciati a loro stessi nella crescita e non degli interessi economici della grande delinquenza organizzata. Ma si sa per gli esperti di scrittura ma non di ragione, Napoli è solo camorra.

The Trumans show


Sembra che l'italiano sia un bambino incapace di pensare alla cosa pubblica come ad un bene comune, di cui essere tutti insieme responsabili. L'italiano, si dice, demanda la decisione ad altri, spesso ad un altro. Egli non segue tanto i programmi politici (diciamo la verità: nessuno li legge mai), ma si pone sulla scia di un uomo che sembra credibile. L'italiano medio è individualista e crede nell'individualismo. Da Cesare a Mussolini, da Berlusconi a Bossi, l'italiano ha necessità di un imperatore, di un duce, di un capo. Pardon, ho parlato d'italiani ma volevo dire itagliani. Già, perché gli italiani, il popolo meridionale, non hanno queste caratteristiche. Quando c'è un problema e si ha la consapevolezza di esso, inizia come un vociare, un parlare da una piazza ad un balcone, un dirsi se è giusto, se si deve fare. Tutti partecipano e tutti vogliono partecipare. Una dimostrazione di ciò può essere l'episodio storico delle quattro giornate di Napoli, ma anche il fenomeno del brigantaggio che vide molti protagonisti agire in zone diverse del meridione. Una prova di ciò è anche il “nostro meridionalismo” costituito di tanti, forse troppi, movimenti, apparentemente, divisi tra loro. Cari, egregi, signori dei vari movimenti meridionalisti, le vostre voci sembrano tante ma il grido, che da voi arriva, è unico e potente perché è fatto di passione e cocciutaggine, di voglia di capire, di sapere e far sapere. Il popolo lo ha capito, ora dovete capirlo voi. In attesa di essere bannata da tutti i gruppi meridionalisti a cui sono iscritta perchè troppo presuntuosa, voglio dare a voi il dolcetto domenicale: il meridionalismo italiano, a mio modesto avviso, ha saputo squarciare il pesantissimo velo, che ricoprendo la nostra gente, le faceva credere solo falsità sulla sua identità più profonda. Cari, egregi, signori del meridionalismo duosiciliano, voi mi ricordate il protagonista di un film datato qualche annetto fa: “The Truman Show”. Truman, rileggendo episodi del suo passato, riesce a capire quanto fosse artificiosa, illogica, incongruente, finta la sua realtà. Così voi avete capito quanto fosse artificioso, illogico, incongruente, falso ciò che raccontavano i libri di scuola. Ho deciso: da oggi vi chiamo The Trumans. Vi piace? Lucia Di Mauro

A Bannera cu e Gigli

Conoscete Aniello? Io si. Tutte le mattine, a passo veloce, gira l’angolo della “nostra” strada, per aprire il suo piccolo bazar: detersivi, make up e collant per donne. La mattina scorre lenta tra clienti un po’ invadenti e la polvere degli scaffali. Come d’abitudine, qui al sud, i negozi chiudono nel primo pomeriggio e poi a casa. Rosa cucina bene e il pranzetto quotidiano è sempre una piacevole sorpresa per Aniello, ormai da più di quarant’anni. Lui non ha mai smesso di volere bene a Rosa. Soltanto una volta, per qualche tempo, venne al negozio una signora, alta e con il seno in su. Aniello qualche pensiero cattivo lo fece, in verità, ma Rosa era così triste e lui non ci pensò più.<span id="more-5899"></span> Dopo pranzo arriva la telefonata di Nello, unico figlio di Rosa e Aniello. Nello è emigrato a Pordenone con tutta la sua famiglia: moglie ed un figlioletto soltanto, come da tradizione, Ferdinando, di 7 anni. Anche suo padre, da giovane e senza famiglia, si trasferì in Germania. Dopo due anni, però, ritornò , non per il freddo o la nostalgia, ma perché, una mattina, aprendo la finestra e non riconoscendo i luoghi della sera prima, capì di non appartenere a quelle terre. Finalmente echeggia nella stanza la suoneria del telefonino. Nello è un po’ in ritardo rispetto al solito orario. “Uè, papà, ciao” Il tono non è quello consueto, scanzonato ed irridente, ma chiuso, dimesso. Aniello capisce il malessere del figlio. “Ma che dè? Novità?” “Mah, chill, Ferdinando…..” “Si” “Dico, na malatia” “Qual malatia? “Genetica” Nello trema nella voce e piange. “Ma , papà, a medicina c’sta, in America. In Italia no, pecché nun conviene venderla. So troppo poch’ ‘e creature cu sta malatia e quindi troppo poc’’a gente ca s’accat a medicina” “Ce vulesse a legge, ma a legge nun ce sta”. Aniello non piange, non è abituato a piangere, solo gli sembra di risentire la voce del nipotino, quando alla fine delle vacanze estive, nel ripartire per tornare al nord, grida dal treno.:”Ciao, nonnooo. Conserva il gioco di Batman perché a Natale ci dobbiamo giocare insieme.” Aniello sente un dolore che somiglia ad una rabbia che non può esplodere. “Dove, vado? Che faccio?” pensa, gridando alla moglie: “Esco”. Cammina per le strade antiche di quel suo paesino di provincia, così lontano dal mondo, così lontano da dove si decide. In fondo al piccolo vicoletto che sta percorrendo qualcosa oscura il sole. Una bandiera. Gli è sempre piaciuta quella bandiera. “E’ artistica – diceva – Non come quell’altra”. In effetti La Bandiera sporge da un balcone a pianterreno di una piccola casina poco elevata. “Mario, si, Mario” – pensò Aniello. Mario, ormai, lotta da tutta una vita, lotta per un ideale, per la giustizia, per il suo popolo, Così dice. Si, a Mario si può chiedere di gridare con lui, al mondo, l’impotenza e la rabbia che scoppiano dentro. Così Mario e Aniello, insieme, portano il loro urlo a Roma davanti al grande palazzo, a Palermo, a Taranto, a Napoli, a Cosenza, a Milano, in Inghilterra,……. viaggiando senza sosta. Aniello, ora, ha deciso di smettere di fumare. I soldi delle sigarette gli occorrono per altro. Deve affittare un minuscolo locale, dove mettere un piccolo tavolo, due sedie e all’ingresso la grande bandiera di Mario. Verrà Gianni e Gianni con Aniello porteranno il loro grido ovunque: a Roma davanti al grande palazzo, a Palermo, a Taranto, a Napoli, a Cosenza, a Milano, in Inghilterra,……. viaggiando senza sosta. Così Gianni affitterà un minuscolo locale, dove mettere un piccolo tavolo, due sedie e all’ingresso la grande bandiera di Aniello. Da Gianni verrà Laura che insieme con Gianni porterà lo stesso urlo a Roma davanti al grande palazzo, a Palermo, a Taranto, a Napoli, a Cosenza, a Milano, in Inghilterra,……. viaggiando senza sosta. Laura affitterà un minuscolo locale, dove mettere un piccolo tavolo, due sedie e all’ingresso la grande bandiera di Gianni. E Marco e Franco e Lucia e Alessandro e Maria e Antonio e……….. L’Italia nera di bugie e rossa del sangue del mio popolo, brulica, ora, in ogni dove, di bandiere bianche con uno stemma al centro. Mi sveglio. Nel torrido pomeriggio di questo mese d’agosto sono sudata e ho avanti agli occhi, ancora, il rosso, il nero e il bianco del mio sogno. Cerco refrigerio sulla terrazza. Di lontano, in fondo alla via vedo un uomo e poi un altro, e ancora, dieci, cento, mille, milioni di uomini e donne che gridano:” La politica siamo noi. La politica è con il popolo”. Sulle spalle ognuno di loro regge una bandiera bianca con uno stemma al centro. “E’ artistica”, penso. Lucia Di Mauro

Identità nascosta



Questo piccolo raccontino mi è stato suggerito dalla lettura del bel romanzo di Fiore Marro: “Un'anima divisa in due”. Nelle sue pagine l'autore vuole dimostrare come, in un uomo della nostra terra, possano convivere due identità opposte: quella di itagliano e quella di duosiciliano. Due identità tanto incompatibili tra loro da lacerare l'anima. Rubo l'idea allo scrittore e penso anch'io di dare voce alle due parti dell'anima duosiciliana rappresentandole in due personaggi protagonisti. Il mio interlocutore ha il tono della voce un po' modificato dal desiderio di raccontare, gli occhi impercettibilmente spalancati, mi fissano nell’apparente tentativo di trasmettere in me tutto il mondo in cui ha creduto. Mi parla di uomini antichi come le loro storie, mi dice di gesti audaci e d'ideali stanchi oramai. Purtroppo l'attenzione che avevo deciso di regalargli viene inesorabilmente attratta altrove, verso il condizionatore che, dopo giorni di super lavoro, ha deciso definitivamente di scioperare. Ho caldo. Non ascolto. D'improvviso, però, la voce si tronca e lo sguardo su di me assume un tratto interrogativo. Un po' per rabbia, un po' per pietà del mio smarrimento,chi parla decide di darmi un'altra chance e ripete: ”Si, questi uomini sono i miei eroi”. Sorrido, forse non ho perso molto, è solo un ingenuo racconta storie. In ogni caso la mia educazione mi suggerisce un po' di gentilezza, così replico: “Perché, tu hai bisogno di eroi? Ma cos'è un eroe? A chi è utile un eroe?” “L'eroe è un essere umano, è un uomo che decide di cancellare in se stesso luci ed ombre e realizzare, nella realtà, l'assoluto”. Non capisco e penso che da qualche mese hanno chiuso i manicomi, ma lui continua: “Guarda la bellezza. I nostri eroi sono morti per questo”. E' notte e dal terrazzo scorgo un po' di mare, il profilo vivo del Vesuvio ed, ai suoi piedi, le brulicanti luci della mia città. “Sono morti per un paesaggio?” obietto con scherno. Il volto si fa duro come chi non spera più d'essere compreso e, guardando all'orizzonte, mi dice:”Si, la bellezza è anche il paesaggio, ma io parlo di un'altra bellezza; quella delle nostre radici, della nostra storia, della nostra identità più profonda. “Li chiamarono briganti” ma sono eroi, morti per non partire e quindi dimenticare; sono morti per conservare ciò che erano, ciò che eravamo. E noi? Noi abbiamo bisogno di loro”. “Io di niente ho bisogno. Grazie”- lo informo prima che mi proponga l'acquisto di libri o ninnoli vari. Capisce e sorride anche lui. “ Tu sai chi sei?” mi dice, cambiando apparentemente argomento di conversazione; ed io: ”Tu non stai bene!”. Ma lui con noncuranza: ”Tu sai perché l'odore del mare ti riporta all'infanzia? Perché senti rabbia nel vedere mortificato il tuo popolo che hai dovuto difendere da sempre? Perché la musica è tanto facile che ti possegga l'anima? Perché porti questo piccolo corno e sei un po' superstiziosa? Perché ami l’azzurro fra i colori nel panorama? Perché assapori il ragù e vomiti il carpaccio? Perché consideri lo straniero con amicizia, senza diffidenze e con curiosità? Perché ciò che è diverso da te, rappresenta modo e motivo per capire di più, aprendo la mente? Perché possiedi un'intelligenza speculativa che comprende la possibilità di prevenire discutendo, prima d'intervenire con la forza?”. “Lo sai perché sei così? Perché appartieni a questa terra”. Quando i miei eroi saranno dissotterrati dal terreno dell'oblio, tu comprenderai che loro sono te e tu sei loro. I miei eroi saranno i tuoi padri nei quali tu t'identificherai, comprendendo, finalmente chi sei, chi è la tua gente ”. Ora il silenzio ha preso il mio cuore, e si trasforma in un dolore che non sapevo di custodire dentro. L'uomo non mi guarda più, ha deciso di percorrere la sua strada senza il mio ridicolo cinismo. Ne scorgo la sagoma delle spalle, accenno un saluto, ma lui non si volterà. No, non credo che lo rivedrò più. Così un'anima, liberandosi da se stessa, non guarderà più indietro